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Alessandro Benetton, imprenditore nel segno della discontinuità

In un periodo di crescenti instabilità su diversi ambiti, le imprese sono un collante formidabile, la vera camera di decompressione delle tensioni sociali, afferma Alessandro Benetton

Il suo è un cognome conosciuto in tutto il mondo, fa parte di una delle famiglie più importanti famiglie del nostro Paese – che ha dato, con l’invenzione del fashion prêt-à-porter, un impulso economico e creativo all’Italia, dagli anni ’70 in poi – i suoi 53 anni lo fanno essere in una fase della vita da lui stessa definita: “la gioventù della saggezza”: Alessandro Benetton, trevigiano, figlio di Luciano, si descrive come un imprenditore di prima generazione. È un umanista con pensiero originale e personalità decisa, crede nei giovani e nella discontinuità. Tratto, quest’ultimo, che ha caratterizzato anche le sue scelte: 25 anni fa ha fondato un business tutto suo, la 21 Investimenti, che oggi conta oltre 90 investimenti conclusi e attraverso le sue aziende partecipate occupa 13.000 persone. A novembre 2016 si è dimesso dal cda del Gruppo Benetton, dopo un’esperienza prima da vicepresidente e poi alla guida dell’azienda. Dinamico e amante dello sport, è stato presidente per dieci anni di Benetton Formula, vincendo due campionati del mondo. Designato a guidare i Mondiali di Sci alpino Cortina 2021, si augura che questa “possa essere una grande occasione per l’Italia”. Condivide nel suo blog personale “Each Time a Man” le sue passioni: economia, sport, arte contemporanea e filosofia. E proprio la passione sembra essere il fil rouge alla base della sa storia di vita

Alla trentesima edizione dell’International Grand Prix Advertising Strategies ha ricevuto il Premio Comunicazione e Impresa. Alessandro Benetton, quali secondo lei le doti che un buono imprenditore deve possedere?

Essere imprenditori è una magnifica ossessione con cui si nasce. In un periodo di crescenti instabilità su diversi ambiti, le imprese sono un collante formidabile, la vera camera di decompressione delle tensioni sociali. Un buon imprenditore deve credere che il suo è un investimento nel futuro e soprattutto deve essere disponibile a cambiare paradigma, a fare della discontinuità un preciso indirizzo strategico nell’approccio al business per alimentare una continua innovazione nelle imprese e nel sistema

L’importanza di chiamarsi Benetton. Quanto ha contribuito il suo cognome all’indipendenza delle scelte che ha fatto?

Ho avuto certamente il privilegio di nascere in una famiglia che ha fatto cose importanti e non ho mai negato di aver ricevuto un finanziamento iniziale come chiunque avvia una propria attività. Gli investitori che hanno scommesso su 21 Investimenti, la mia sfida indipendente, hanno tuttavia triplicato il loro investimento. Più che il mio cognome, credo però che a segnare le scelte che ho atto e la mia storia personale sia stato il paradigma della discontinuità, appreso durante i miei studi americani attraverso l’incontro con Micheal Porter ad Harvard. A venticinque anni potevo intraprendere un percorso nell’azienda di famiglia, invece sono andato in Goldman Sachs a Londra. E nell’azienda di famiglia sarei potuto tornare dopo la laurea a Boston e l’MBA ad Harvard. Invece, ho fatto altre scelte e, ritornato in Italia, avevo ormai maturato la convinzione di voler creare un business da zero. Volevo diventare un imprenditore, distaccato dagli schemi familiari. Così, nel 1992 ho fondato la 21 Investimenti S.p.A. allora holding di partecipazioni, oggi gruppo europeo di investimenti.
Designato a guidare i Mondiali di Sci alpino Cortina 2021, presidente per dieci anni di Benetton Formula, da sempre amante dello sport.

Alessandro Benetton, la passione sembra essere filo conduttore nella sua vita e nel suo lavoro

Lo sport è uno specchio perfetto della vita; in esso troviamo rappresentati valori che sono positivi in assoluto che valgono anche se trasferiti dal contesto sportivo alla vita quotidiana. Lo sport ti intesa ad aver un percorso e un obiettivo e la passione è il motore che ti porta a raggiungerlo. Come nello sport, anche nella vita la passione è il centro propulsore che ti spinge a raggiungere gli obiettivi, a superare i limiti, ad affrontare le difficoltà e a prendere le decisioni più importanti.

Qual è il valore aggiunto che porta come imprenditore a un evento internazionale come I mondiali di Sci alpino Cortina 2021? Quali gli obiettivi che si è proposto e il ritorno che questa manifestazione può avere?

Con tutti gli attestati di stima che ci sono stati nei miei confronti, non ho potuto fare altro che accettare di diventare presidente della Fondazione Cortina 2021. Mi cimento in questa sfida con lo stesso entusiasmo, ottimismo e coraggio di un imprenditore che avvia una nuova impresa, mettendo a disposizione di questo progetto ambizioso le mie competenze manageriali e le relazioni, nella consapevolezza che avremo gli occhi del mondo a guardarci e che questa sarà una grande occasione per tutto il nostro Paese. Il mio ruolo sarà quello di creare una squadra, dettare i tempi perché l’avvicinamento al Mondiale avvenga senza intoppi nella consapevolezza che a vincere debbano essere Cortina, il Veneto e l’Italia.

Ama condividere attraverso il suo blog personale Each Time a Man le sue passioni: economia, sport, arte contemporanea e filosofia. Che cosa rappresenta per lei questo spazio?

Il blog rappresenta un punto di incontro tra i miei interessi, personali e professionali, ed è l’occasione di condividerli. L’ho chiamato “Each Time a Man” dal famoso discorso che Robert Kennedy tenne all’Università di Città del Capo, due anni prima di venire assassinato. Un discorso che mi ha sempre fatto riflettere sul valore dell’individualità e su come in ogni situazione, anche la più complessa, ciascuno di noi abbia il privilegio di fare la differenza, di introdurre un elemento di imprevedibilità nelle cose.

Alessandro Benetton, ha fondato la 21 Investimenti che quest’anno festeggia 25 anni con oltre 90 Investimenti conclusi e attraverso le sue aziende partecipate occupa 13.000 persone. Come è cambiato il business nel corso degli anni? Che corsa resta invece un caposaldo?

21 Investimenti continua a fare ciò che fa da quando l’ho fondata nel 1992: seleziona medie imprese e le fa crescere sulla base di un concreto progetto industriale. Ciò che è cambiato, è lo scenario complessivo: Il Private Equity speculativo, quello degli anni ’80, della plusvalenza a ogni costo, non ha più senso. O per lo meno, per 21 Investimenti

Nel 2012 ha fatto il vicepresidente e poi, per un anno, il presidente di Benetton Group. A novembre 2016 è uscito dal cda. Che cosa è successo?

Non sono in polemica con nessuno, anzi sono orgoglioso di appartenere alla famiglia dalla quale provengo. Alla presidenza di Benetton sono rimasto poco più di un anno, il tempo necessario per marcare la discontinuità e traghettare un’azienda familiare fino a farla diventare manageriale avviando le modifiche strutturali per permettere il rilancio. Nel periodo della mia presidenza abbiamo avviato progetti di discontinuità come la campagna “Unhate”, un progetto che ha riportato al centro dell’attenzione United Colors of Benetton, e nuovi format di negozi che fossero più appealing per i giovani. Quando ho capito che i tempi di reazione dell’azienda erano diversi dai miei, ho deciso di lasciare. Anche questa volta ho deciso quindi di concentrarmi ancor di più su 21 Investimenti.

La comunicazione di Benetton ha avuto sempre un’impronta caratterizzante. Le campagne contribuiscono a creare il valore del brand o viceversa?

Penso che le campagne, soprattutto quelle istituzionali, contribuiscano in maniera fondamentale alla creazione di un valore di marca duraturo nel tempo. Benetton è un caso di studio in questo senso, a partire da quando lo slogan “All the colours off the world” è diventato “United Colors of Benetton”. Uno slogan che, insieme alle immagini di campagne con cui Benetton lanciava temi di rilevanza sociale come l’appianare le differenze, combattere le differenze e integrare gli opposti sotto un’unica bandiera, si è trasformato nel tempo in un vero e proprio marchio di fabbrica.

Con Fabrica Lei ha coordinato e sviluppato la campagna di Unhate, quella dei baci tra leader politici e religiosi, un progetto che ha riportato al centro dell’attenzione United Colors of Benetton e i suoi messaggi sociali. Quali le altre comunicazioni di Benetton secondo lei sono memorabili?

“Unhate” ha segnato un punto di discontinuità perché oltre a lanciare un messaggio di tolleranza invitando a riflettere su come l’odio nasca soprattutto dalla paura di ciò che non si conosce, è stata una campagna universale, che ha utilizzato strumenti come il web, il mondo dei social media, l’immaginazione artistica, chiamando all’azione i cittadini del mondo. Oltre a questa, ricordo con particolare affetto la campagna sul lavoro giovanile per trasmettere un messaggio positivo di speranza e celebrare la capacità dei giovani di trovare nuovi modi intelligenti e creativi di affrontare il problema della non occupazione. E andando indietro nel tempo, rimarranno sicuramente impresse di inizio anni ’90 in cui la rappresentazione delle differenze diventa realismo, vita vera, denuncia, penso alla campagna del febbraio 1992 costituita da foto di agenzia che mostravano immagini drammatiche, reali: l’agonia di un malato di Aids, un soldato che brandisce un femore umano, un uomo assassinato dalla mafia, un’automobile incendiante, una nave presa d’assalto da emigranti. Un vero pugno nello stomaco per catturare l’attenzione e impedire l’indifferenza.

Come descriverebbe il rapporto con Oliviero Toscani e la provocazione che ha caratterizzato alcune campagne del gruppo?

Il rapporto con Toscani ha coinciso, almeno all’inizio, con la necessità di traghettare il marchio dall’ambito veneto e italiano a una dimensione più internazionale. L’azienda stava attraversando una forte fase di espansione, consolidata la presenza sul territorio nazionale, era il momento di rivolgersi alla conquista dei mercati stranieri. Si è trattato di un lungo cammino fianco a fianco che ha tracciato la strada della comunicazione Benetton verso il suo destino di ribaltamento degli stereotipi, prima come nuova interpretazione della differenza, poi come denuncia e provocazione con la forza del reale

Alessandro Benetton, che cosa ha imparato da suo padre? E che cosa si propone di insegnare ai suoi figli?

Sicuramente l’importanza di camminare con le proprie gambe, cavarsela con le proprie forze, avere coraggio e valorizzare i propri talenti. E sono gli stessi insegnamenti che voglio trasmettere ai miei figli anche se fare oggi il padre è molto diverso: i bambini di oggi devono imparare di più e più velocemente di quanto fosse chiesto alla mia generazione e di conseguenza nel nostro ruolo di genitori dobbiamo essere capaci di stare al passo e, a volte, rincorrere questa velocità!

Ha sposato l’ex campionessa di sci Deborah Compagnoni, in famiglia siete soliti avere a che fare con risultati da raggiungere. Che significato dà al termine “obiettivo”?

È una spinta ad avere visione, crederci, superare i propri limiti e lavorare sodo per vedere realizzate le proprie idee e le proprie ambizioni.

Quali i prossimi traguardi che si è proposto di raggiungere?

Voglio continuare la crescita e lo sviluppo di nuove iniziative attraverso 21 Investimenti: in Italia, dove ci sono tante aziende di medie dimensioni che rappresentano delle vere e proprie eccellenze, spesso guidate da giovani con entusiasmo e visione, che meritano di essere valorizzate e accompagnate nel loro percorso di sviluppo, ma anche in Francia. Polonia, Svizzera, dove già operiamo, oltre che aprendoci a nuovi mercati. E infine voglio mettere tutta la mia passione e il mio impegno perché la nuova sfida di Cortina 2021 diventi una grande occasione per tutto il nostro Paese.

AUTORE: Serena Adriana Poerio
FONTE: Pubblicità Italia

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