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Auro Palomba: “La nuova Montedison prende il largo”

Non c’è Raul Cardini, che ha deciso di lasciare tutte le cariche che occupava nel consesso economico italiano dopo la vicenda Enimont. E la Montedison, inoltre, non è più quella di prima a causa della cessione della partecipazione nell’ex polo chimico, e dell’incorporazione della vecchia Montedison nella Ferruzzi Agricola Finanziaria. Così il bilancio delle nuove società, chiamata per  continuità di immagine ancora Montedison, è profondamente diverso da quelli passati. Meno finanza e più industria secondo la parola d’ordine di Giuseppe Garofano e Carlo Sama. Garofano ieri ha presieduto per la prima volta il consiglio. I dati del ’90 non sono dunque confrontabili, tranne forse, quello che più interessa i piccoli azionisti. E ne viene un buon segnale per la Borsa, in questi momenti difficili per tutte le società quotate: il dividendo ’90 della Montedison è infatti di 50 lire per gli azionisti ordinari, e di 70 lire per quelli di risparmio. Entrambi invariati rispetto alla gestione precedente, se si considera come paragone la vecchia Montedison. E addirittura in rialzo in confronto alle 66 lire delle azioni di risparmio della Ferruzzi Agricola, per un totale di 151 miliardi distribuiti, superiore alla quota dell’ 89.

Tale monte dividendi e stato permesso dal risultato della capo­gruppo Montedison spa, che si è chiuso con utile netto di 305 miliardi. «L’integrazione tra la Montedison e la Ferruzzi Agricola Finanziaria – dice un comunicato del consiglio – oltre a permettere la creazione di una grande holding industriale che raccoglie le realtà di due primari operatori di settore quali Montedison nella chimica e Ferruzzi Agricola nell’agroindustria, favorirà l’andamento dei risultati di gruppo grazie alla stabilità dei risultati propria del settore agroindustriale e complementare a quello chimico». Ne esce dunque un gruppo a tre teste, dalla struttura più simile a quella della Agricola che a quella della Montedison, con un cuore chimico, la Montecatini, e due polmoni, uno agroindustriale, l’Eridana, e uno nel campo dell’energia, ovvero la Selm. Un gruppo il cui controllo è saldamente in mano alla Ferruzzi Finanziaria, che possiede circa il 43% del capitale, a cui si potrebbe aggiungere (anche se non ha diritto di voto) il 5,74% del capitale per cui gli azionisti della Ferruzzi Agricola Finanziaria hanno esercitato il diritto di recesso durante l’incorporazione. L’esborso per queste azioni è stato pari a 251.3 miliardi. II consiglio in merito proporrà all’assemblea, convocata per il 20 giugno in prima, e per il 21 in seconda adunanza, da acquistare a patrimonio le azioni provenienti dai recessi. Il bilancio consolidato ’90 si è chiuso con un utile, al netto degli interessi di minoranza, pari a 556 miliardi. I ricavati consolidati ammontano invece a 14.379 miliardi, e sono in linea con i valori dell’89 (14.773). Il 1991, intanto, è cominciato molto bene: sulla base delle risultanze preliminari, la redditività operativa del gruppo nel primo trimestre di quest’anno ha registrato nel complesso un miglioramento del 13% circa rispetto al corrispondente periodo dell’esercizio precedente.

L’ utile operativo lordo ’90 è di 1.631 miliardi (618 di utile operativo netto e 1.113 di ammortamenti), contro i 1.820 miliardi del 1989 (930 miliardi di utile operativo e 890 miliardi di ammortamenti). I motivi della flessione, spiega il comunicato del consiglio, sono da ricercare sia nel generale indebolimento dello scenario chimico, in particolare nel settore dei materiali polimerici, in cui il calo dei ricavi unitari non è stato compensato da una pari diminuzione nei prezzi delle materie prime, sia nell’effetto cambi, sia nella siccità in Europa che, nell’area agroindustriale, ha generato forti rialzi nei prezzi di alcune materie prime. Un fattore di riduzione dell’utile lordo è dato anche dal crescente impegno del Gruppo nel settore della Ricerca e Sviluppo. con investimenti che sono passati dai 483 miliardi del l’89 ai 540 del ’90. L ‘indebitamento finanziario netto alla fine del ’90 è d i 5.815 miliardi, contro i 6.755 d i fine ’89. La consistente riduzione dell’esposizione è connessa principalmente alla cessione della partecipazione in Enimont, che ha più che compensato gli esborsi collegati soprattutto all’Opa che la società ha fatto lo scorso anno per arrivare al 100% di Enimont, costata circa 800 miliardi. Il rapporto indebitamento mezzi propri è sceso da 0,95 di fine ’89 a 0.83 del dicembre ’90. Per quanto riguarda la capogruppo, il rapporto indebitamento/mezzi propri si è ridotto sensibilmente, passando dallo 0,41 allo 0.29%.

FONTE: Il Messaggero
AUTORE: Auro Palomba

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