L’Abi cambia politica. Forse grazie alla nuova mano di Giuseppe Zadra, fino a qualche mese fa di stanza alla Consob e ora direttore generale dell’associazione dei banchieri, o anche perché il momento è così grave che neanche gli istituiti di credito possono permettersi di lasciare andare allo sfascio la Borsa. Cosi, in un documento che sarà esaminato oggi dall’esecutivo (e reso noto dall’agenzia di stampa Radiocor), l’Abi propone interventi a favore del mercato azionario in tre direzioni: stimolo della domanda e dell’offerta di azioni, miglioramento dell’organizzazione e funzionamento del mercato. E stila un elenco di sette proposte: agevolazione della sottoscrizione di nuove azioni; abolizione o riduzione della tassa sul capital gain; estensione dei benefici fiscali riservati ai fondi comuni alle gestioni patrimoniali (già prevista dal governo); introduzione dei fondi pensione e di quelli “chiusi”; agevolazione fiscale per le società emittenti e l’estensione della telematica a lutto il listino. Ultima, e forse più importante, la richiesta di rivedere la disciplina del diritto di opzione per far in modo che gli; aumenti dì capitale delle pubblic companies possano essere sottoscritti da chiunque. Si tratta dunque di una profonda revisione del mercato, che testimonia l’interesse delle banche verso la Borsa.
Quale sia stata la molla che ha fatto cambiare Patteggiamento dell’Abi (finora un po’ snobistico nei confronti di Piazza Affari) è evidente: anche i banchieri si sono convinti che la folle corsa al rialzo dei tassi dei titoli pubblici sia una delle maggiori cause del pessimo andamento del mercato azionario. Quindi Zadra suggerisce una “riduzione degli interessi dei titoli di Stato, unita a una severa politica di risanamento del bilancio statale”, anche perché questa situazione potrebbe rivolgersi perversamente nei confronti del Tesoro e del governo stesso. “La crisi della Borsa – si legge nel documento – rende fortemente problematica la realizzazione del processo di privatizzazione, punto cardine del programma di governo”. Non solo: “L’attuale stato del mercato di Borsa può indurre nei risparmiatori un senso di complessiva sfiducia nel mercato azionario, che può avere preoccupanti riflessi negativi anche sul mercato dei titoli pubblici”. Fatta questa premesse l’Abi scende nei particolari. Innanzitutto i costi: uno studio della Mc Kinsey fa infatti rilevare che in Italia sono superiori di 10 volte rispetto a Wall Street e 20 volte rispetto a Londra. Per evitare questo fenomeno «va riaffermata l’esigenza di una profonda revisione della tassazione applicata ai redditi da capitale, che dovrebbe assicurare una sostanziale omogeneità di trattamento fiscale, introducendo imprescindibili principi di equità nel nostro sistema tributario», a cominciare dalle imposte di bollo, che devono essere «omogenee per le contrattazioni riguardanti i titoli azionari e le altre attività finanziarie».
Poi, secondo l’Abi, sì dovrebbe agevolare le nuove emissioni, prevedendo deduzioni dal reddito imponibile di ammontare da definire degli investimenti effettuati da persone fisiche se detenuti per un certo periodo di tempo. Per migliorare il rendimento netto dei titoli si dovrebbe in oltre a bollire o ridurre la lassa sul capital gain e escludere i dividendi dall’imponibile Irpef se reinvestiti secondo un piano dì investimento azionario vincolato per un certo periodo di tempo. Anche l’Abi vede di buon occhio l’estensione dei benefici fiscali dei fondi alle gestioni patrimoniali delle Sim prevista dal governo, ma chiede che la gestione sia vietata a gli agenti di cambio. I banchieri ricordano poi l’utilità dei fondi pensione e di quelli chiusi, e passano ad analizzare il problema dei diritti di opzione. Per ampliare l ‘offerta di azioni sarebbe «opportuno approfondire le problematiche relative all’ introduzione anche in Italia di un sistema di public companies che una società quotata debba essere considerata una public company”, e quindi gli aumenti dì capitale debbano essere sottoscritti indistintamente dal pubblico degli investitori. Infine, sul funzionamento della Borsa, l’Abi ha queste considerazioni da fare: bisogna estendere a tutto il listino il telematico, per questioni di costi e di efficienza, e poi l’allungamento dell’orario di contrattazione, che dovrebbe essere armonizzato con quello della Borsa d i Londra.
FONTE: Il Messaggero
AUTORE: Auro Palomba
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