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Cristiano Poponcini: l’irrevocabilità dei pagamenti effettuati “nei termini d’uso” (Corte di Cassazione, sentenza n. 608/2022)

L’approfondimento di Cristiano Poponcini sulle disposizioni regolanti l’irrevocabilità dei pagamenti effettuati “nei termini d’uso”

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 608 dell’11.01.2022, ha confermato l’orientamento tracciato dalle precedenti e più recenti sentenze dei giudici di legittimità (Cassazione n. 25162/2016, Cassazione n. 5587/2018, Cassazione n. 7580/2019, Cassazione n. 9851/2019, Cassazione n. 27939/2020), affermando il principio di diritto secondo il quale: “l’interpretazione della L.Fall., articolo 67, comma 3, lett. a), è nel senso che non sono revocabili quei pagamenti i quali, pur avvenuti oltre i tempi contrattualmente previsti, siano stati, anche per comportamenti di fatto, eseguiti ed accettati in termini diversi, nell’ambito di plurimi adempimenti con le nuove caratteristiche, evidenziatesi già in epoca anteriore a quelli in discorso, i quali, pertanto, non possono più ritenersi pagamenti eseguiti “in ritardo”, ossia inesatti adempimenti, ma divengono esatti adempimenti; l’onere della prova di tale situazione è, ai sensi dell’articolo 2697 cod. civ., in capo all’accipiens”. Ne discende, pertanto, l’irrevocabilità di tali pagamenti.
Come noto, l’articolo 67, comma 3, lett. a), L.Fall. prevede, testualmente, che “non sono soggetti all’azione revocatoria: (…) a) i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso”. La questione è sempre stata molto dibattuta e la giurisprudenza ha cercato, nel tempo, di fare chiarezza sul punto.
La Corte di Cassazione, già con la sentenza n. 25162/2016, nell’interpretare la norma, aveva ritenuto che fosse necessario aver riguardo al “rapporto diretto tra le parti, dando rilievo al mutamento dei termini, da intendersi non solo come tempi, ma anche come le complessive modalità di pagamento” e “non già alla prassi del settore economico di riferimento”. Tale principio è stato poi confermato da successive sentenze, in particolare:

  • Cassazione, sentenza n. 5587/2018, secondo la quale occorre individuare fra le parti la “consuetudine di estinguere i debiti attraverso” determinate modalità;
  • Cassazione, sentenza n. 7580/2019, per cui “se il ritardo rispetto alla scadenza pattiziamente convenuta sia divenuto una consuetudine, senza determinare una specifica reazione della controparte, a parte l’intimazione di solleciti, tale prassi deve ritenersi prevalentemente rispetto al regolamento negoziale”;
  • Cassazione, sentenza n. 9851/2019, secondo la quale la norma richiede “la dimostrazione non tanto dell’assenza di precedenti inadempimenti, ma della consistenza della quotidianità sotto il profilo delle modalità di adempimento invalse fra le parti, al fine di consentire al giudice di apprezzare se le parti, nel caso di specie, si fossero scostate dai termini consueti fino ad allora seguiti”;
  • Cassazione, sentenza n. 27939/2020, che ha confermato tale orientamento e ha puntualizzato ulteriori aspetti, statuendo che “l’interpretazione della L.F., articolo 67, comma 3, lett. a), deve muovere dalla considerazione secondo cui la fattispecie ha riguardo ad una modalità di esecuzione del rapporto tra le parti, che – pur divergendo dalle clausole negoziali – sia ricompresa “nei termini d’uso”. (…). In particolare, la previsione della lettera a) del comma 3 si pone in diretta correlazione con quella del numero 2 del comma 1 dell’articolo 67 L.Fall.” che prevede la revocabilità degli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili, non effettuati con mezzi normali di pagamento, compiuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Di conseguenza, il pagamento di beni e servizi resta fermo ed efficace tutte le volte che fra le parti si è instaurata anteriormente una consolidata prassi che ha di fatto derogato alla clausola contrattuale e che ha introdotto termini diversi di adempimento, definendo una nuova regola inter partes.
Con la richiamata sentenza n. 608/2022, i giudici di legittimità hanno, poi, ulteriormente sottolineato come, sulla base del principio esposto, non sia sufficiente valutare un rapporto farcendo riferimento alla disciplina negoziale originaria, ma occorra accertare nel concreto se tra il soggetto pagante e il destinatario del pagamento si sia instaurata di fatto una nuova prassi che abbia effettivamente modificato gli accordi a suo tempo conclusi.

Cristiano Poponcini

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