Gli effetti della Brexit sui mercati finanziari sono stati al centro in questi giorni di numerose analisi firmate da esperti e operatori del settore. Tra questi Filippo Deangelis, Dottore Commercialista e Revisore Contabile abilitato che da oltre vent’anni lavora nell’ambito bancario e consulenziale. Profondo conoscitore della materia, il professionista si è soffermato a esaminare la situazione partendo da dati oggettivi: i numeri, quelli delle performance registrate dalle Borse europee all’indomani del referendum.
Come da molti previsto, tutte ne hanno risentito facendo segnare forti cali delle quotazioni. Ma come evidenzia il professionista ad aver reagito meglio sembra essere stata quella londinese: il FTSE 100 perde soltanto il 2,50%, un calo davvero esiguo se paragonato agli indici italiani. Basti pensare che il FTSE MIB ha perso l’11,17% e il FTSE Allshare il 10,56%. E anche Francia e Germania hanno registrato cali superiori a quelli del Regno Unito.
Purtroppo però il singolo dato non sembrerebbe particolarmente significativo per un’analisi approfondita. Bisogna infatti considerare che il modesto calo segnato dalla London Stock Exchange, infatti, va sommato a quello subito dalla sterlina inglese, ovvero -6,6% sull’Euro e -10% sul Dollaro. Inoltre, si deve tener conto che in particolare il mercato italiano dipende dalle quotazioni degli operatori finanziari e queste, in un momento in cui i tassi inevitabilmente salgono, non possono non far segnare perdite più consistenti rispetto alla media.
Il professionista evidenzia in seguito che un ruolo importante nel contenere gli effetti negativi della Brexit sui mercati europei potrebbero avere avuto la BCE e le altre banche centrali, che sarebbero intervenute per arginare possibili conseguenze peggiori. D’altronde, molti studiosi e operatori del settore avevano lanciato prima del voto l’allarme sui risultati che la vittoria del “Leave” avrebbe potuto avere per le Borse europee. Tuttavia, si interroga Filippo Deangelis, sono gli stessi economisti che non avevano compreso l’avvicinarsi della crisi finanziaria e che consideravano la Lehman Brothers una delle banche più solide del mondo?
Proseguendo la sua disamina, l’esperto si chiede se Londra effettivamente, nel medio e lungo periodo, arriverà a pagare negativamente l’esito di questo referendum. Quali sarebbero infatti i motivi per i quali il Pil del Regno Unito dovrebbe calare? Un Pil composto per la maggior parte da servizi, in larga parte finanziari. Il Regno Unito è inoltre un importante produttore di petrolio (il Brent del Mare del Nord), anche se stando a indiscrezioni trapelate sulla stampa internazionale in seguito alla Brexit la Scozia potrebbe richiedere un ulteriore referendum per decidere se abbandonare o meno il Regno Unito.
In ogni caso, conclude Filippo Deangelis, pur non avendo mai voluto adottare l’Euro, Londra è comunque rimasta in questi anni una delle maggiori e più importanti piazze finanziarie in Europa. Perché allora non dovrebbe poter esserlo anche una volta uscita dalla Ue?
Be First to Comment