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Giovanni Lo Storto: “La vera sfida è favorire l’autoimprenditorialità”

Un piano triennale per rilanciare il merito e la mobilità nelle università italiane con cinque milioni di euro in borse di studio per gli anni 2013 e 2014 e sette per il 2015 a favore dei migliori studenti che decideranno di frequentare un ateneo in una regione diversa da quella di residenza. Un provvedimento del governo Letta contenuto nel cosiddetto "decreto del fare" che premia gli studenti più bravi: quelli diplomati all’esame di maturità con un punteggio di almeno 95 e che, per gli anni successivi all’immatricolazione, mantengano una media di 28/30 e abbiamo almeno il 90 per cento dei crediti formativi. Una misura che soddisfa in parte Giovanni Lo Storto, 42 anni, dal mese di luglio direttore generale dell’università Luiss "Guido Carli" di Roma.

Dottor Giovanni Lo Storto, le borse di studio di mobilità non finiranno per anticipare la fuga dei migliori studenti meridionali impoverendo gli atenei del Mezzogiorno?

«Questa misura assunta dal governo Letta ha l’indubbio vantaggio di offrire a ciascuno, anche ai meno abbienti, l’opportunità di studiare dove vuole. La mobilità studentesca non è un male. Il problema della fuga dei cervelli va risolto in termini di attrattività del sistema universitario italiano, e in generale, del sistema Paese. Il punto non è frenare 100 studenti che decidono di andare all’estero ma attrarre gli stranieri nei nostri atenei per una sana contaminazione».

Cosa serve, a suo avviso, per qualificare gli atenei e far ripartire l’economia?

«Condivido la decisione di aumentare la quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) a favore di quelle università maggiormente impegnate nella ricerca. Ma questo non basta. Il Miur dovrebbe investire di più sulle giovani imprese ad alto contenuto tecnologico».

Meno fondi per le borse di studio e più soldi per le start up universitarie, dunque?

«Le borse di studio per i più meritevoli sono importantissime: io stesso, con un padre operaio e una madre casalinga, senza il sostegno della borsa non avrei potuto laurearmi 20 anni fa proprio qui alla Luiss. Ma gli studi universitari devono servire a cogliere al meglio le opportunità di inserimento nel mondo del lavoro. L’Italia, si sa, deve colmare un gap tecnologico e, perciò, penso che vada favorita l’auto-imprenditorialità dei giovani studenti sul modello francese e americano, non necessariamente con maggiori risorse, ma anche con significative agevolazioni fiscali».

La Luiss, a tal proposito, sta sperimentando un interessante modello di incubatore di imprese.

«Il nostro Luiss EnLabs è uno spazio di 1500 metri quadrati inaugurato ad aprile nella stazione Termini di Roma che nei primi 15 giorni ha accolto 15 imprese: una al giorno. E per fine settembre ne avremo una quarantina attive con oltre 200 giovani ventenni e trentenni che provano a costruirsi il proprio futuro da soli. Noi offriamo un finanziamento di 30mila euro peri primi 6 mesi in cambio di una compartecipazione aziendale».

Tutti i corsi di laurea della Luiss sono a numero programmato. Pensa che sia ancora un modello valido?

«I nostri test d’ingresso si terranno il 3 e il 6 settembre. L’università deve offrire un’opportunità reale ai giovani di essere accolti nel mondo del lavoro. Per molti anni, in Italia, abbiamo avuto pochissimi studenti iscritti ad Odontoiatria e troppi a Scienze delle Comunicazioni con il rischio di avere un numero enorme di comunicatori che non sapranno dove curarsi un mal di denti!»

La Cgil campana, sulle colonne del Mattino, ha lanciato l’appello ai rettori campani: niente tasse per i figli di lavoratori in mobilità o disoccupati. Giovanni Lo Storto, lei cosa pensa?

«Il diritto allo studio deve essere rilanciato sul piano nazionale per garantire a tutti uguali possibilità e l’Italia deve fare ancora molto in termini di accoglienza residenziale».

FONTE: Il Mattino
AUTORE: Luisa Maradei

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