Per l’istituto voluto da Tremonti la trattativa parte da 415 milioni.
ROMA. Sarà staccato tra due mesi il tagliando per la privatizzazione di Poste Italiane. A fine aprile, infatti, verrà approvato il bilancio 2014 e, come sarebbe emerso ieri mattina, nel corso di un nuovo vertice al ministero dell’Economia, dovrebbe essere fatto il punto sulla tabella di marcia che ancora prevede l’ipo del 40% per il prossimo autunno. Nel frattempo si stanno allungando i tempi per la cessione a Invitalia della Banca del Mezzogiorno: sembra che l’acquirente voglia uno sconto sul prezzo.
Dopo i 2,2 miliardi incassati due giorni fa, dalla vendita del 5,7% di Enel, diluendo al 25,5% la quota del Tesoro, prosegue il rodaggio dell’apertura del capitale ai privati di Poste. Al summit di ieri mattina in via XX Settembre, alla presenza del capo della segreteria tecnica del Ministero Fabrizio Pagani, degli advisor Rothschild, Lazard e studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners, di Francesco Caio e del cfo Luigi Ferraris, si sarebbe fatta una ricognizione sullo stato dell’arte del programma di cui si sarebbe discusso anche martedì scorso, nel corso del consiglio presieduto da Luisa Todini.
Oltre ai conti, il tagliando di fine aprile prevedrà la verifica delle condizioni generali del mercato ma soprattutto, dello stato di riposizionamento di Poste alla luce del piano industriale al 2020 varato a dicembre, con riferimento anche alle controllate Poste Vita e BancoPosta. La metamorfosi del gruppo accompagnata dalla redditività sarà un tassello chiave della decisione. Lo Stato ha inserito gli introiti della cessione in borsa della minoranza nel budget dei 10 miliardi comunicati a Bruxelles da introitare entro il 2017. C’è un obiettivo minimo di valorizzazione di 8 miliardi, da cui il 40% frutterebbe 3,2 miliardi. Non è scontato però, che questo sia il valore che le banche del consorzio (global coordinator Mediobanca, Banca Imi, Unicredit, Bofa Merril Lynch e Citi, bookrunners Credit Suisse, Ubs, Goldman Sachs, Ip Morgan e Morgan Stanley) riterranno di attribuire alla matricola. C’è da dire che un paio di volte le principali banche si sarebbero consultate per iniziare qualche riflessione sul piano: dubbi sarebbero stati avanzati su una valorizzazione ai livelli attesi. I tempi però sono ancore prematuri e manca l’apporto determinante dei risultati dello scorso esercizio.
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