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Fincantieri fidelizza filiera con rating e finanza alternativa: ricavi a quota 6,7 miliardi

Fincantieri, società triestina controllata al 71,3% da Cdp Industria (finanziaria di Cassa Depositi e Prestiti) e primo gruppo navale d’Europa e quarto a livello mondiale, ha chiuso il periodo gennaio-settembre con ricavi per 6,725 miliardi di euro in aumento del 20,5% rispetto allo stesso periodo del 2024 e con crescita a doppia cifra anche per l’Ebitda a 461 milioni (+40,4%) con incidenza sui ricavi al 6,9%. Il gruppo navale ha sviluppato un sistema di fidelizzazione della filiera attraverso un rating che opera mediante finanza alternativa e formazione, mettendo a sistema il know how con ricadute economiche e sociali che vanno oltre la cantieristica, come spiega il CEO Folgiero. Il cambiamento scorre nelle vene silenziose dei rapporti di filiera come un fluido che dalla capocommessa percola fino all’ultima bottega artigiana incaricata della più piccola consegna, nella cantieristica navale anche solo un cuscino, una modanatura, una borchia, un particolare di qualità capace di fare la differenza e comunicare al mondo che il made in Italy dell’homo faber, anche nell’epoca delle intelligenze artificiali, è ciò che distingue sul mercato attraverso visione, pensiero, tecnologia e finanza, perché per fare impresa servono i capitali di rischio.

Tutte componenti di una ricetta vincente che, per forza di cose e in particolare nell’assetto del quarto capitalismo italiano, chi fa la traccia (la big company) deve sforzarsi di portare fuori dal proprio perimetro condividendola con la propria supply chain. Dal distretto alla filiera il passo è stato breve, non solo geografico generato dall’allargamento meta-distrettuale dei rapporti di fornitura, ma anche concettuale: le difficoltà nel rispondere proattivamente ai cambiamenti da parte dell’industria del bianco prima e dell’automotive poi hanno reso evidenti gli effetti collaterali di un approccio unidirezionale basato sull’estrazione pura di valore, ovvero l’impoverimento della supply chain fino alla sua desertificazione. Avanza dunque un approccio più circolare dove innovazione e informazione corrono in maniera bidirezionale, idea di democratizzazione dell’innovazione già presente fra le righe del Piano Calenda nel 2016, misura che portò in Italia il verbo di Industria 4.0 e che, secondo i più, rappresenta tutt’oggi l’ultima vera azione di politica industriale del Paese. Un’idea che ha faticato non poco a prendere piede ma che qualcuno ha dovuto per forza di cose mettere a terra, pena l’estinzione della propria filiera, come nel caso di Fincantieri che ha implementato un modello operativo basato sulla condivisione di competenze, accesso alla finanza alternativa e percorsi formativi per garantire la tenuta e lo sviluppo della rete di fornitori, contrastando la desertificazione della supply chain attraverso un sistema circolare che valorizza la catena del valore preservando le competenze artigianali e tecnologiche che caratterizzano l’eccellenza del made in Italy navale.

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