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Sorpresa, il voto plurimo non è un handicap in Borsa

Il voto plurimo non è un handicap per le società quotate in Borsa. Tutte e quattro le società italiane che hanno introdotto nei propri statuti le azioni a voto maggiorato, o loyalty shares, per favorire i soci di lungo corso, secondo un’analisi condotta dall’Adnkronos, hanno finito per sovraperformare i rispettivi settori in Borsa, battendo anche gran parte dei peers internazionali.

E’ presto per tracciare un bilancio definitivo ma, a cinque mesi dall’avvento delle loyalty shares sul listino milanese (annunciate, perché saranno effettive tra un paio d’anni), le prime evidenze sembrano indicare che il mercato non ha penalizzato le società che hanno deciso di dotarsi di questo strumento, pur inviso agli investitori istituzionali.

Valgono tutti i caveat del caso, a partire dal fatto che la Borsa di Milano è stata finora tra le migliori d’Europa da inizio 2015 e che conserva ancora un potenziale di upside significativo, rispetto alle concorrenti europee. Pertanto, i titoli di piazza Affari hanno in questo periodo un appeal che altre Borse non hanno, o hanno in misura minore. Inoltre, il numero limitato delle società che hanno scelto questa soluzione (appena quattro) consiglia prudenza nel trarre conclusioni valide a livello generale.

Detto questo, Campari, Astaldi, Amplifon e Maire Tecnimont, le quattro società che hanno cambiato i propri statuti introducendovi le loyalty shares (le prime tre sfruttando la finestra agevolata consentita dalla legge, che permetteva di introdurre il voto maggiorato a maggioranza semplice in assemblea, prima del 31 gennaio, mentre la quarta ha preferito aspettare febbraio) hanno tutte e quattro performato bene in Borsa, battendo sia gli indici settoriali italiani che i principali concorrenti internazionali.

Campari ha approvato le loyalty shares in assemblea, a larga maggioranza, il 28 gennaio 2015, ma la decisione è stata resa nota ufficialmente in sede di convocazione della riunione, il 19 dicembre del 2014. Il titolo della società del beverage a metà dicembre quotava intorno a 5,3 euro per azione, oggi vale circa 6,99 euro, una crescita del 32% circa.

La performance, come riporta il grafico sottostante (le candele tracciano l’andamento di Campari da fine dicembre ad oggi, la linea rossa quello dell’indice di settore), è migliore di quella dell’indice di settore, il Ftse Italia Food & Beverage, che ha registrato nello stesso periodo un progresso di circa il 25%.

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